Il luogo sul quale sorge la moderna chiesa dedicata ai Santi Falco ed Antonino martire, conserva nel lungo periodo dell’intera storia palenese un valore sacro: qui infatti sorse per primo un tempio pagano dedicato ad Ercole o a Giove; al di sopra di esso, nell’VIII secolo, i monaci benedettini vulturnensi edificarono una chiesa dedicata alla Vergine Maria.
Molte e molte volte la chiesa venne distrutta e riedificata, nell’XI secolo i conti di Valva, fautori di un’ampia campagna di restauro e abbellimento degli edifici sacri del loro feudo, rinnovarono l’edificio: ne è testimonianza una serie di capitelli rinvenuti durante la ricostruzione moderna del complesso.
Nel corso di una visita pastorale da parte del vescovo valvense, risalente all’anno 1383, si dispose la nuova dedicazione della chiesa ai santi Antonino e Falco e la traslazione delle spoglie di quest’ultimo dalla chiesa di Sant’Egidio in questo luogo.
Il terremoto del 1706 ferì irrimediabilmente l’antico edificio medievale lasciando miracolosamente illese le reliquie di san Falco: la comunità tutta si prodigò per la costruzione di una nuova chiesa dedicata ai due santi protettori del paese; vi facevano bella mostra colonne e stucchi finemente lavorati, elementi architettonici di gusto barocco.
Ad un secolo dalla ricostruzione, la chiesa era nuovamente da riedificare perché troppo piccola per le esigenze della comunità che, nella seconda metà del XIX secolo, contava circa 5000 anime, grazie all’attrazione di maestranze esercitata dalla fiorente attività produttiva dei pannilana.
L’architetto Raffaele Chiaverini disegnò il nuovo progetto ed il maestro De Pamphilis gli diede vita: demolito il vecchio edificio nel 1841, la nuova chiesa venne conclusa nel 1844.
Si trattava di un edificio a tra navate e transetto inscritto con abside circolare a conclusione della navata maggiore; le tre navate erano separate da un sistema di quattro colonne scanalate disposte sui due lati della nave maggiore. Al di sotto del complesso si sviluppava una cripta ancora esistente ma non accessibile. La chiesa era davvero maestosa ma ebbe anche essa breve vita: nel novembre 1943 i bombardamenti inglesi colpirono anche questo luogo sacro riducendolo in macerie.
Nel 1953 sorse la nuova chiesa, anche questa a tre navate con transetto, cui si addossa l’antico campanile ottocentesco: l’interno, nella sua moderna sobrietà, conserva importanti testimonianze d’arte e di fede.
L’abside della navata sinistra ospita il prezioso busto di San Falco realizzato nel 1842 dal napoletano Domenico Capozzi il cui lavoro venne pagato 1050 ducati: il busto conserva al suo interno il cranio di San Falco, che venne traslato nella nuova chiesa nel 1847, durante una cerimonia celebrata dal vescovo di Sulmona Mario Mirone. E’ considerata una delle opere migliori del Capozzi impegnato a Napoli in importanti commissioni per la chiesa di San Gennaro. Ai lati dell’absidiola sono collocate due teche lignee: quella a sinistra contiene le reliquie e la tunica di San Falco, quella a destra conserva altre reliquie del santo insieme a quelle di San Innocenzo, San Celestino, Santa Reparata, Santa Modesta e San Marciano.
Sulla parete sinistra del presbiterio, è collocata la statua a figura intera di San Nicolò da Forca Palena e a destra quella a mezzo busto di San’Antonino Martire.
Nel lato destro del presbiterio fa bella mostra di sé la copia di una tela dipinta ad olio da Oreste Recchione (l’originale è conservato presso la sede della Diocesi di Sulmona e Valva), raffigurante il Miracolo di San Falco; alla sua sinistra si erge la statua di San Rocco opera dell’altoatesino Giuseppe Stuflesser, mentre a destra è la statua di S. Emidio, realizzata secondo la tradizionale modalità della “conocchia”: su uno scheletro tronco-conico in legno è innestato il busto della statua anche esso ligneo: solamente le parti in vista –dunque mani e viso – sono realizzate in ceramica dipinta.
L’abside maggiore, che ospita un semplice altare marmoreo, è il fuoco visivo della corrispondente navata: nei giorni di festa il portale maggiore, aperto, pone in risalto la fuga prospettica della lunga aula che prende luce da un’ampia lanterna collocata al di sopra del transetto.
Il luogo sul quale sorge la moderna chiesa dedicata ai Santi Falco ed Antonino martire, conserva nel lungo periodo dell’intera storia palenese un valore sacro: qui infatti sorse per primo un tempio pagano dedicato ad Ercole o a Giove; al di sopra di esso, nell’VIII secolo, i monaci benedettini vulturnensi edificarono una chiesa dedicata alla Vergine Maria.
Molte e molte volte la chiesa venne distrutta e riedificata, nell’XI secolo i conti di Valva, fautori di un’ampia campagna di restauro e abbellimento degli edifici sacri del loro feudo, rinnovarono l’edificio: ne è testimonianza una serie di capitelli rinvenuti durante la ricostruzione moderna del complesso.
Nel corso di una visita pastorale da parte del vescovo valvense, risalente all’anno 1383, si dispose la nuova dedicazione della chiesa ai santi Antonino e Falco e la traslazione delle spoglie di quest’ultimo dalla chiesa di Sant’Egidio in questo luogo.
Il terremoto del 1706 ferì irrimediabilmente l’antico edificio medievale lasciando miracolosamente illese le reliquie di san Falco: la comunità tutta si prodigò per la costruzione di una nuova chiesa dedicata ai due santi protettori del paese; vi facevano bella mostra colonne e stucchi finemente lavorati, elementi architettonici di gusto barocco.
Ad un secolo dalla ricostruzione, la chiesa era nuovamente da riedificare perché troppo piccola per le esigenze della comunità che, nella seconda metà del XIX secolo, contava circa 5000 anime, grazie all’attrazione di maestranze esercitata dalla fiorente attività produttiva dei pannilana.
L’architetto Raffaele Chiaverini disegnò il nuovo progetto ed il maestro De Pamphilis gli diede vita: demolito il vecchio edificio nel 1841, la nuova chiesa venne conclusa nel 1844.
Si trattava di un edificio a tra navate e transetto inscritto con abside circolare a conclusione della navata maggiore; le tre navate erano separate da un sistema di quattro colonne scanalate disposte sui due lati della nave maggiore. Al di sotto del complesso si sviluppava una cripta ancora esistente ma non accessibile. La chiesa era davvero maestosa ma ebbe anche essa breve vita: nel novembre 1943 i bombardamenti inglesi colpirono anche questo luogo sacro riducendolo in macerie.
Nel 1953 sorse la nuova chiesa, anche questa a tre navate con transetto, cui si addossa l’antico campanile ottocentesco: l’interno, nella sua moderna sobrietà, conserva importanti testimonianze d’arte e di fede.
L’abside della navata sinistra ospita il prezioso busto di San Falco realizzato nel 1842 dal napoletano Domenico Capozzi il cui lavoro venne pagato 1050 ducati: il busto conserva al suo interno il cranio di San Falco, che venne traslato nella nuova chiesa nel 1847, durante una cerimonia celebrata dal vescovo di Sulmona Mario Mirone. E’ considerata una delle opere migliori del Capozzi impegnato a Napoli in importanti commissioni per la chiesa di San Gennaro. Ai lati dell’absidiola sono collocate due teche lignee: quella a sinistra contiene le reliquie e la tunica di San Falco, quella a destra conserva altre reliquie del santo insieme a quelle di San Innocenzo, San Celestino, Santa Reparata, Santa Modesta e San Marciano.
Sulla parete sinistra del presbiterio, è collocata la statua a figura intera di San Nicolò da Forca Palena e a destra quella a mezzo busto di San’Antonino Martire.
Nel lato destro del presbiterio fa bella mostra di sé la copia di una tela dipinta ad olio da Oreste Recchione (l’originale è conservato presso la sede della Diocesi di Sulmona e Valva), raffigurante il Miracolo di San Falco; alla sua sinistra si erge la statua di San Rocco opera dell’altoatesino Giuseppe Stuflesser, mentre a destra è la statua di S. Emidio, realizzata secondo la tradizionale modalità della “conocchia”: su uno scheletro tronco-conico in legno è innestato il busto della statua anche esso ligneo: solamente le parti in vista –dunque mani e viso – sono realizzate in ceramica dipinta.
L’abside maggiore, che ospita un semplice altare marmoreo, è il fuoco visivo della corrispondente navata: nei giorni di festa il portale maggiore, aperto, pone in risalto la fuga prospettica della lunga aula che prende luce da un’ampia lanterna collocata al di sopra del transetto.